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La definizione di bullo in Italia ha un’accezione che stempera la gravità della violenza che vuole denunciare. Il bullo, nel senso comune, è il gradasso, quello che si dà delle arie, ma che non necessariamente prevarica gli altri, anzi spesso il temine bullo o bulletto ha un’accezione positiva, di affettuosa presa in giro.

È però necessario comprendere il problema: il bullo è un ragazzo o una ragazza che compie degli atti di prepotenza verso un proprio pari, prepotenze che non sono occasionali, ma si ripetono nel tempo, configurandosi come una vera e propria persecuzione.

È possibile individuare alcune caratteristiche distintive del bullismo: l’intenzionalità (mira deliberatamente a colpire, offendere, arrecare danno o disagio); la persistenza nel tempo, l’asimmetria di potere ( nella relazione il bullo è più forte e la vittima più debole e spesso incapace di difendersi).

È possibile distinguere due tipologie di bullo:

  • il bullo dominante caratterizzato da una aggressività generalizzata sia verso gli adulti sia verso i coetanei, scarsa empatia, impulsività, si arrabbia facilmente, ha un atteggiamento positivo verso la violenza, poiché è ritenuta uno strumento valido per raggiungere i propri obiettivi. Si tratta di bambini sicuri di sé, con elevate abilità sociali, capaci di istigare gli altri. Il bullo, sempre alla ricerca di emozioni forti, deumanizza la vittima al fine di giustificare le sue forme di aggressività e di violenza e stabilisce con gli altri rapporti interpersonali improntati quasi sempre sulla prevaricazione
  • il bullo gregario che è più ansioso, insicuro, poco popolare, cerca la propria identità e l’affermazione nel gruppo attraverso il ruolo di aiutante o sostenitore del bullo

La vittima generalmente ha una scarsa autostima, un’ opinione negativa di sé. Di fronte a un attacco reagiscono chiudendosi in se stessi. Per le vittime si evidenziano deficit nel riconoscimento di specifici segnali emotivi, in particolare relativi alla rabbia.

Essere vittima di bullismo, nel corso del tempo, può rappresentare un fattore di rischio. La vittima può andare incontro a livelli di autostima sempre più bassi, a forme di depressione, autolesionismo e in estremo il suicidio.
Le cause possono essere riconducibili non sono a fattori personali e al contesto culturale ma anche al contesto familiare.

Proprio per quanto riguarda il contesto familiare da molteplici ricerche è emerso che i bambini con uno stile di attaccamento insicuro-evitante esibiscono con più probabilità comportamenti di attacco e prepotenza verso i compagni, mentre i bambini con attaccamento insicuro-resistente assumono con più probabilità il ruolo di vittime.
Il gruppo ha un ruolo molto importante nel fenomeno del bullismo.

Alcuni compagni svolgono un ruolo di rinforzo, altri formano un pubblico che sostiene e incita, altri ancora si disinteressano del tutto, ma ci sono anche altri che invece assumono una posizione protettiva nei confronti della vittima. Il bullismo è una modalità proattiva, è un comportamento messo in atto senza alcuna provocazione da parte della vittima ed è agito dall’aggressore al fine di raggiungere il suo scopo e il potere sugli altri. Il bullo è in grado di affermarsi nel gruppo soltanto attraverso l’uso deliberato della forza.

Il bullismo dunque si configura come un fenomeno collettivo che coinvolge l’intero gruppo, il quale può sostenere e rinforzare il fenomeno.

Un ruolo importante ed educativo può fornirlo la scuola, aiutando il bambino ad avere una buona sicurezza, la quale si rinforza e si costruisce in un contesto relazionale che offre l’opportunità di esprimere se stessi e le proprie capacità. La valorizzazione aiuta il bambino ad avere fiducia in se stesso.

È importante osservare e lavorare il prima possibile su comportamenti aggressivi, intervenire in modo tempestivo in modo da poter modulare ed esplorare tali atti aggressivi.

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