Disturbo d’ansia da separazione

Genitorialità, Prima infanzia, Seconda infanzia, Sostegno

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L’ansia da separazione è una fase normale dello sviluppo, solitamente si presenta per la prima volta intorno agli 8 mesi e si risolve entro i 24 mesi (Elia, 2023). È bene tuttavia fare una breve disamina di quale sia la differenza tra l’ansia di separazione e il vero e proprio disturbo d’ansia di separazione in quanto, nonostante i termini sembrino indicare la stessa cosa, in realtà è solo nel secondo caso che si può parlare di patologia. L’ansia di separazione si presenta come una momentanea incapacità, adeguata per lo stadio di sviluppo del bambino, di comprendere il concetto di permanenza dell’oggetto: ‘l’idea che qualcosa esiste ancora quando non è visto o sentito’ (Elia, 2023).

I neonati non possiedono ancora questa capacità, che tenderà a svilupparsi intorno ai due anni; alcune tecniche per valutarne la presenza prevedono di nascondere davanti ai bambini un oggetto “significativo”, come il ciuccio, sotto una coperta: essi inizieranno a piangere temendo che l’oggetto a loro caro sia scomparso. Analogamente questo processo si verifica anche con i genitori: nel momento in cui i genitori non sono più presenti nel campo visivo del piccolo, perché usciti di casa o banalmente perché hanno cambiato stanza il bambino proverà paura e angoscia dovute al fatto che crederà che il caregiver non tornerà più da loro. ‘L’ansia da separazione si risolve quando i bambini iniziano a sviluppare un senso di memoria ’ (Elia, 2023), ovvero la possibilità di interiorizzare il fatto che la figura di attaccamento in varie circostanze è sempre tornata da loro, creando un’immagine stabile e persistente nella memoria che genererà un senso di stabilità e sicurezza.

Nel caso in cui entro i 24 mesi il piccolo non sia riuscito a superare questa fase, e la paura di allontanarsi da una figura di riferimento fosse troppo intensa da causare un disfunzionamento significativo e persistente, è possibile formulare una diagnosi di disturbo d’ansia di separazione.

La caratteristica essenziale di questo quadro clinico è la difficoltà sproporzionata dei soggetti di lasciare le figure di riferimento a causa di una paura eccessiva e costante che possa accadere loro o a se stessi qualcosa di terribile, per questo motivo si rifiutano di lasciare l’ambiente famigliare o di rimanere da soli e ‘quando vengono separati, i bambini si focalizzano sul ricongiungimento con la figura di riferimento’ (Elia, 2023). In caso il bambino fosse costretto a rimanere solo lontano da casa sperimenta ‘un umore ansioso e depresso, apatia, disinteresse, irrequietezza, forte malinconia’; in ragione di ciò spesso vengono infatti rifiutate anche tutte quelle attività che presentano un carattere ludico che comportano una separazione, come ad esempio il campeggio con i coetanei o le gite scolastiche. Le scene che si verificano al momento della separazione sono spesso molto drammatiche, includono pianti e suppliche con una disperazione tale per cui il genitore non riesce a separarsi dal proprio bambino e questo genera una sorta di circolo vizioso che aumenta la difficoltà di quest’ultimo di imparare ad accettare l’allontanamento. Affinché possa essere diagnosticato un disturbo d’ansia di separazione ‘i sintomi devono essere pervasivi e impedire al bambino che ne soffre di dedicarsi alle comuni attività tipiche del[1]l’età (es. scolastiche, sportive etc. e devono essere persistenti per almeno 4 settimane).

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